Ristrutturato nella forma e dotato di nuovi locali, il Consultorio familiare diocesano affianca all’attività di consulenza e accompagnamento una rinnovata attenzione alla formazione degli operatori
Nel fine settimana del 15, 16 e 17 ottobre la nuova realtà del Consultorio familiare diocesano “In famiglia” si è ritagliata un tempo di formazione, condivisione e scambio al fine di far emergere nuovi spunti di riflessione per programmare un nuovo anno di lavoro.
Durante le tre giornate si sono alternati diversi relatori che hanno posto l’accento sulle caratteristiche proprie di un consultorio. Dopo il saluto iniziale della direttrice Concetta De Filippis – che ha evidenziato l’importanza di ritrovarsi e lavorare insieme per potersi sentire “In famiglia” valorizzando il rispetto, l’autenticità e la semplicità delle relazioni – don Luca Scolari, presidente del Consultorio, ha sottolineato l’importanza di mettere al centro la categoria del tempo riconoscendone il dono e il valore come opportunità di cambiamento. «Curare, accompagnare, sostenere è aiutare a vivere in pienezza il tempo, è sostenere e proporre uno stile altro per rapportarsi con esso, è aiutare a cogliere ciò che realmente ci sta a cuore». Qui si rintraccia il mandato degli operatori del consultorio che volontariamente donano il loro tempo nell’accoglienza dell’altro, mettendo a servizio la propria professionalità e umanità.
A seguire padre Mariano Pappalardo, responsabile dell’area pastorale della catechesi e dell’evangelizzazione, ha centrato la sua riflessione su Mi sono fatto tutto a tutti (1 Cor 9, 19-23) declinando tale versetto in tre attitudini fondamentali indispensabili ad un operatore che si possa definire accogliente: l’intrusione empatica, la prossimità fantastica, il non abusare.
L’intrusione empatica riferita al concetto di empatia come porta di ingresso nell’esistenza dell’altro: la capacità cioè di compromettersi, di “sporcarsi le mani” insieme all’altro perchè è solo la relazione ciò che salva.
La prossimità fantastica come capacità di stare accanto all’altro con fantasia creativa, individuando percorsi alternativi con sguardi diversi rispetto alla specificità di ogni persona, facendo proprie tutte le condizioni umane. Indispensabile è considerare l’altro nel suo valore unico di persona, superando la rigidità della categorizzazione, al fine di offrire un’accoglienza piena nella logica del servizio flessibile, il cui punto fermo è l’alterità dell’altro come valore supremo.
Il terzo aspetto, quello del non abusare, richiama la necessità del rispetto dello spazio vitale dell’altro. L’operato dei professionisti del consultorio deve avere la capacità di fermarsi per lasciare spazio alla libertà personale mediante un atteggiamento disponibile all’accompagnamento.
La seconda giornata di formazione è sta aperta dalla riflessione di padre Aldo La Neve, consulente etico del consultorio, che ha posto l’attenzione sull’importanza della spiritualità, qualunque essa sia, come parte integrante della persona che chiede aiuto. Il consulente etico infatti è figura cardine nella presa in carico e un punto di riferimento nel lavoro di tutta l’equipe, poiché contestualizza in un orizzonte più ampio ogni intervento, nel rispetto di quei valori cristiani e soprattutto evangelici che divengono linee guida per ciascun operatore.
La presenza della dottoressa Daniela Gini, psicoterapeuta, docente e ex-direttrice del consultorio “Santa Beretta Molla” di Milano, supervisore dell’equipe del consultorio, ha permesso di ascoltare la testimonianza e il modello di riferimento scelto per quella realtà. Presentato il metodo e l’impostazione data alla struttura organizzativa e alle modalità di presa in carico della «persona considerata come portatrice di bisogni e risorse e non come semplice destinataria di una prestazione», mediante la metafora della locanda ha descritto il contesto in cui avviene l’accoglienza dell’altro e gli strumenti necessari per offrire «un servizio per tutti, dove ciascuno entra, si ristora e torna nel mondo». La persona, considerata competente e responsabile della sua vita, chiede di raccontare la sua verità, attraverso la ri-narrazione di sé che avviene insieme all’operatore che l’accoglie, offrendogli la possibilità scoprire una nuova dimensione del proprio essere. La ricchezza e l’intensità delle riflessioni sono state uno stimolo importante per considerare la necessità di dare attenzione e cura al servizio di accoglienza delle persone riconoscendo a ciascuno il proprio inestimabile valore.
Il week-end di formazione si è concluso ad alta quota con una celebrazione eucaristica nella chiesa di San Francesco al Terminillo e un momento conviviale dedicati agli operatori e alle loro famiglie. Nel saluto finale il vescovo Domenico ha apprezzato la scelta di concludere con una giornata condivisa non solo vissuta tra operatori e volontari del Consultorio ma riconoscendo il valore aggiunto nel coinvolgimento dei propri familiari. Condividere insieme un progetto ciò che arricchisce un’esperienza di volontariato. Ribadendo quanto alla Chiesa di Rieti sia sempre stato a cuore il Consultorio, realtà da decenni presente sul territorio, ha ringraziato i volontari per il tempo donato, riconoscendo l’importanza del supporto che ogni famiglia e ogni singolo può usufruire grazie agli operatori.
Il clima di famiglia creatosi, ha permesso di rinvigorire con rinnovato entusiasmo il servizio di ognuno, permettendo a tutti e a ciascuno di sentirsi a “casa”.